Protesi di anca: diagnosi e intervento

La protesi di anca: patologie, diagnosi e intervento. Prof. Francesco Franceschi chirurgo ortopedico anca a Roma.
L’articolazione dell’anca è costituita da una porzione quasi sferica proprio come una pallina da golf connessa con il femore cioè l’osso lungo della coscia da una superficie a conchiglia che accoglie il suo scorrimento chiamata acetabolo incuneata nel bacino.

La cartilagine articolare, simile all’interno della noce di cocco come nelle altre articolazioni riveste le superfici ossee e permette di farle scorrere una sull’altra senza attrito.

Numerosi e poderose strutture muscolo-tendinee assicurano il movimento dell’articolazione che ci permette di sedersi, camminare, saltare e fare tante altre cose in condizioni normali come anche calciare un pallone.

Le patologie dell’anca

L’articolazione può purtroppo essere colpita da numerose patologie spesso derivate da difetti congeniti o da problemi di natura meccanica, post-traumatica o biochimica come la necrosi della testa femorale che sono fattori in grado di scatenare un processo infiammatorio/degenerativo.

L’infiammazione dell’anca è frequente, può essere sintomatica e causare problemi nella vita quotidiana fino al 2% della popolazione adulta.

Le possibili cause di infiammazione dell’anca siano numerose e purtroppo il risultato finale è sempre il danno della cartilagine articolare attraverso una particolare combinazione di mediatori infiammatori cellulari.

La diagnosi

La sintomatologia è sempre importante nella diagnosi della patologia, un dolore che comincia all’inguine una zoppia, una difficoltà ad allacciarsi le scarpe sono tutti sinonimi di artrosi dell’anca e già all’inizio, la diagnosi può essere fatta precocemente con una semplice radiografia, solo nelle persone giovani e che praticano sport di contatto o nelle infiammazioni importanti, può essere indicata l’esecuzione di una risonanza dell’anca.  

La protesi di anca

La protesi d’anca è sicuramente l’intervento ricostruttivo dell’anca più di successo nel campo dell’ortopedia e la sua efficacia nella risoluzione del dolore e restituire il movimento ai pazienti è veramente incredibile da invertire il deficit funzionale è senza pari.

Nel considerare l’indicazione ad una protesi d’anca, è fondamentale indagare numerosi aspetti legati alla storia clinica del paziente ed effettuare un accurato esame clinico per assicurarsi che i sintomi siano da riferire all’articolazione coxo-femorale.

Il paziente con un dolore elettivo all’anca indica generalmente il versante anteriore della regione inguinale con il dolore che aumenta con l’attività ed il carico e si può irradiare verso il ginocchio; normalmente i movimenti di rotazione e flessione aumentano il dolore; nei casi più gravi l’articolazione oltre che dolente è limitata o bloccata.

Ovviamente la scelta chirurgica nel trattamento di una patologia degenerativa dell’anca non può limitarsi solo alla singola articolazione, ma deve considerare anche il paziente nella sua globalità, quindi indagare la coesistenza di uno stato immunodepresso, di un disturbo della coagulazione, di una patologia diabetica, di un disturbo neurologico in atto e così via, elementi fondamentali nel gestire al meglio un intervento e il decorso successivo.

Le informazioni sulla progressione della gravità della coxalgia (dolore anca) e del deficit funzionale e della deambulazione possono essere un’utile guida alla scelta del momento appropriato per l’operazione.

Un concetto che deve essere chiaro è che è il paziente ad essere convinto e deciso, la scelta chirurgica non deve mai essere imposta, ma il paziente deve capire e partecipare attivamente ad ogni passo che conduce e che segue la chirurgica.

Le domande cruciali per decidere come muoversi sono:

  • quanto è intenso il dolore all’anca?
  • quanto a lungo il paziente riesce a camminare?
  • il paziente utilizza un bastone?
  • riesce a salire le scale autonomamente o utilizza sempre il corrimano o una stampella?
  • indossa le calze da solo, si siede su qualunque sedia senza problemi, sale e scende dalla macchina con facilità?

Ma forse la domanda più importante è: “la sua attuale situazione dell’anca è accettabile?” La risposta a questa domanda può essere illuminante e può aiutare il paziente a scegliere.

Visita Specialistica per la protesi d’anca

Viene esaminata la camminata del paziente, il momento del dolore/fastidio quando ad esempio si alza dalla sedia, quando sale sul lettino; si valuta la lunghezza degli arti, eventuali deformità, la funzionalità muscolare.

Il resto dell’esame richiede una manipolazione per indagare stato vascolare, neurologico ed articolare.

La radiografia rimane il principale strumento diagnostico per l’anca, importante è valutare inoltre una radiografia della colonna lombosacrale.

Le informazioni raccolte con le radiografie sono necessarie per pianificare l’intervento, potendo indicare il tipo di protesi e la via d’accesso.

Un’eventuale TAC deve essere rivolta a quei pazienti che presentano un deficit osseo del bacino o con una notevole deformità (grave displasia).

La Risonanza Magnetica è utile per diagnosticare un’osteonecrosi della testa femorale.

L’obiettivo principale di un intervento di protesi d’anca è di eliminare il dolore e la disabilità.

Il candidato ad una protesi non ha risposto positivamente al trattamento conservativo (farmaci, infiltrazioni, fisioterapia).

Preparazione all’intervento di protesi d’anca

Un passo ulteriore prima di procedere all’intervento è la pianificazione preoperatoria per ridurre al minimo le complicanze ed ottimizzare la ricostruzione.

Si ottiene con software adeguati. A questo punto l’operazione rappresenta a tutti gli effetti la partenza di un viaggio di tre mesi circa, il paziente si affida al chirurgo nella prima parte di quest’esperienza; la seconda parte del viaggio vede invece il paziente come assoluto protagonista con l’impegno quotidiano nel far esercizi, nel testare progressivamente la sua “nuova” articolazione.

L’intervento

Da una parte è vero che rimuovendo la parte di osso/cartilagine degenerata si fornisce una nuova struttura al paziente, ma è altrettanto vero che l’anca non è fatta solo da osso e cartilagine, ma anche dal complesso muscolo-tendine che deve essere salvaguardato e mantenuto, quindi la protesi d’anca è in parte una nuova articolazione ed in parte deve rimanere la stessa, rispettando e mantenendo i tessuti molli del paziente.

Questo concetto è fondamentale nella ricerca della mini-invasività, che non vuol dire solo ferita chirurgica piccola, ma vuole significare rispetto dei tessuti che non si vedono perché sotto pelle ma fondamentali nella guarigione e nel proseguo della funzione della protesi; il rispetto dei tendini, dei muscoli, della capsula articolare sono concetti cruciali.

La via chirurgica rappresenta un primo passo verso la mini-invasività ma non solo, è l’approccio globale che conta, dall’incisione al posizionamento dei divaricatori, dalla coagulazione alla rimozione di osteofiti, dal mantenimento di osso senza essere troppo demolitivi nell’inserimento della protesi alla rimozione di detriti per evitare calcificazioni, dal controllo durante l’intervento delle tensioni dei tessuti molli alla sutura per strati.

Attualmente sono tre le vie d’accesso praticate per la protesi dell’anca: l’anteriore o mininvasiva, la laterale e la posterolaterale.

Sono tre modi di arrivare allo stesso risultato cioè impiantare bene una protesi dell’anca che tolga il dolore al paziente e duri nel tempo.

Attualmente si vedono anche pazienti che continuano a camminare con protesi impiantate trenta anni fa.

La cosiddetta via mininvasiva si effettua spostando i muscoli senza tagliarli e questo è il motivo principale per il quale i pazienti nei primi giorni postoperatori non hanno grosse limitazioni.

È comunque una via chirurgica che non si può effettuare su tutti ma va riservata a pazienti magri e non troppo muscolosi perché gli spazi operatori sono senza dubbio inferiori.

Quest’approccio chirurgico richiede inoltre degli strumenti dedicati e delle protesi particolari che permettono di ridurre al minimo i rischi operatori.

Il giorno dopo l’intervento o il giorno stesso se è terminata l’anestesia, con qualsiasi tecnica operatoria sia stato effettuato, il paziente viene fatto alzare dal letto e deambulare ed inizierà la riabilitazione che durerà almeno tre mesi. Animazione d’intervento per via minivasiva

Nel filmato di seguito viene mostrata l’animazione d’intervento per via minivasiva.

Se avete problemi o dolore all’anca, potete prenotare un consulto con il Prof. Franceschi visitando la sezione Prenota